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I Buoni Cugini Editori di Anna Squatrito

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RisorgimentaliA

La collana RisorgimentaliA raccoglie memorie, testimonianze, diari, biografie che narrano le Rivoluzioni siciliane nella storia di Sicilia e i loro protagonisti. 

Affinchè non sia dimenticata l'opera dei nostri padri e il loro sacrificio per la libertà.

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Santo Lombino e 

Giuseppe Spallino: 

Carlo Pisacane.

Il realismo utopistico di un rivoluzionario.

Angelo Coppola: 

La vita di Giuseppe La Masa nella storia del Risorgimento Italiano

Luigi Natoli, Giuseppe Pitrè, Giuseppe Pipitone Federico, Alfonso Sansone, S. Giambruno, G. Travali, C. Matranga: 

Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860

Si può affermare, senza tema di essere smentiti che, nei fatti del 1848 ed in quelli del 1860, nessuno può vantare di avere ottenuto con le proprie influenze, con il proprio entusiasmo, con le proprie attitudini, con la propria fede, con il proprio intuito e con la propria iniziativa, quei meravigliosi risultati ai quali pervenne Giuseppe La Masa, senza le dande delle quali ebbero bisogno tutti, indistintamente, gli altri eroi di cappa o di spada che sogliono pullulare in mezzo al groviglio dei popolari rivolgimenti 

(Angelo Coppola)

Fino a pochi decenni or sono, Carlo Pisacane (Napoli 1818 – Sanza 1857) era conosciuto dai più per la tragica conclusione del tentativo insurrezionale da lui organizzato nel Regno delle Due Sicilie, di cui narrava la poesia di Luigi Mercantini La spigolatrice di Sapri, celebre per il ritornello “Eran trecento, eran giovani e forti,/ e sono morti!”. Dopo una lunga serie di tentativi di annessione da parte dei più disparati mov imenti politici, il pensiero e la vita del rivoluzionario napoletano sono stati oggetto di rigorose indagini da parte di studiosi come Nello Rosselli, Aldo Romano, Giuseppe Berti, Franco Della Peruta, Luciano Russi ed altri, indagini che hanno consentito di chiarire e valorizzare il contributo di Pisacane alla maturazione del movimento rivoluzionario a metà Ottocento. Questo libro intende aiutare il lettore a seguire le varie tappe di questa riscop erta integrale di Pisacane e della sua giusta collocazione nel dibattito culturale sviluppatosi negli ultimi centocinquant’anni nell’ambito del movimento demo cratico e socialista del nostro Paese. 

Fu stabilito di far parlare la rivoluzione del 1860 attraverso i suoi vari momenti, con la sua stessa voce, raccogliendo in unico corpo i i documenti di quell'epoca, ufficiali ed extraufficiali; memorie sincrone, curiosità, poesie occasionali, tutto quanto, in una parola, possa, anche in mezzo agli errori, le esagerazioni e le illusioni, dar la vera idea di quel che fu, in quei giorni, lo spirito della popolazione e del governo; di quella febbre operosa di rinnovamento; di quel fervore patriottico e di quelle aspirazioni sapienti, che paiono ora cose lontane, ed empiono di stupore e d'incredulità le nuove generazioni. Il lettore può in questo modo trasportarsi in quei tempi, evocarne le immaginazioni, vivere in esse, sentire nell'anima sua rifarsi, rinnovarsi, ridiventare una realtà vivente quella che è soltanto una memoria: e dalla comunione immediata fra sè e i documenti, trarre il giudizio o darne la sua interpretazione. 

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Spiridione Franco: 

Francesco Bentivegna. 

Storia della rivolta del 1856 in Sicilia.

La scrittura di Spiridione Franco segue giorno per giorno, quasi ora per ora, la fallita impresa rivoluzionaria del Barone Francesco Bentivegna nel novembre 1856, del suo “stato maggiore selvaggio” e dei suoi seguaci, dando conto dei movimenti dei vari attori e del loro antagonista, il direttore di polizia Salvatore Maniscalco, fortemente intenzionato a impedire in qualunque modo la ripresa della rivolta antigovernativa. L’infelice impresa terminerà con la cattura del Bentivegna e Spiridione Franco ci fa seguire le successive tappe del martirio del barone mazziniano, il cui destino è stato già deciso in alto loco: come capo del moto rivoluzionario deve essere punito con la massima severità, con una condanna capitale che scoraggi chi abbia voglia di seguire il suo esempio. 

Prefazione di Santo Lombino

Giacomo Pagano: 

Sette giorni d'insurrezione a Palermo

Santo Lombino e 

Domenico Michelon: 

Barricate a Palermo. 

La rivolta ibrida del 

Sette e Mezzo

La sommossa che ebbe inizio a Palermo all’alba del 16 settembre 1866 e durò fino a mezzogiorno del 22, la chiamarono subito del “Sette e mezzo”, utilizzando il nome di un noto gioco alle carte. Fu senza dubbio un moto di piazza che ricalcava lo schema d’azione di quelli che si erano svolti nel capoluogo durante la prima metà dell’Ottocento. Giacomo Pagano (testimone dei fatti) descrive lo svolgimento della ribellione popolare che sconvolse Palermo con il suo circondario e ripercorre giorno per giorno, quasi ora per ora le tappe del movimento insurrezionale, il formarsi delle squadre e la costruzione delle barricate, gli spostamenti per le strade nelle piazze della città, gli assalti alle carceri, la dura repressione guidata dal generale Raffaele Cadorna. 

Approfittando della circostanza che nei mesi dell'estate 1866 la guerra tra Italia e Austria aveva sguarnito i presidii militari dell'Italia meridionale, i ceti popolari di Palermo e dei comuni limitrofi insorsero dal 15 al 22 settembre di quell'anno mettendo a ferro e fuoco le strade e le piazze, costruendo centinaia di barricate, dando l'assalto agli uffici pubblici e alle prigioni. La rivolta, che per i giorni della sua durata fu chiamata “Il Sette e Mezzo”, aveva le stesse caratteristiche di quelle dei decenni precedenti, e i ribelli erano spesso guidati dagli stessi capisquadra che avevano agito in quelle occasioni, ma le forze governative e la stampa nazionale, nel timore di perdere prestigio a livello internazionale, la bollarono come espressione di “barbarie e inciviltà” e frutto di manovre della nascente mafia. 

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Antonino Cutrera: 

Cronologia dei Giustiziati di Palermo 1541-1819.

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Al nostro lavoro sulla Cronologia dei Giustiziati in Palermo, si connette intimamente la storia della Compagnia dei Bianchi, perchè senza l'esistenza e l'opera di tale confraternita religiosa, oggi non ci sarebbe possibile di fare la presente pubblicazione. 

L'emozione della prossima morte nei giustiziandi, fu tale che spesso si avveravano scene disgustose, che avrebbero dovuto commuovere gli animi più duri e non suscettibili di molto turbamento.

Da questo lavoro abbiamo escluso le esecuzioni capitali, che si fecero per sentenza del Tribunale del Sant'Ufficio, perchè sarebbe stato superfluo, dopo il lavoro del compianto Vito La Mantia. (Antonino Cutrera)

Isidoro La Lumia: 

Carlo Cottone principe di Castelnuovo

Giovanni Raffaele: 

Le torture in Sicilia al tempo dei Borboni. 

Un periodo di cronaca contemporanea.

I processi Bentivegna e Spinuzza

 

Nel 1812 riuscì a far approvare dal Parlamento Siciliano la Carta Costituzionale da lui stesso proposta e redatta, validissimo esempio di ordinamento democratico dove oltre alla separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, era compresa una normativa riguardante i diritti e i doveri del cittadino, la libertà di stampa, l’abolizione del feudalesimo, l’abolizione dei fedecommessi e la riorganizzazione amministrativa e finanziaria del Regno. Ristabilitosi l’assolutismo Borbone, si ritirò a vita privata dedicando tutto se stesso alla realizzazione di un avanzato "Istituto Agrario", ancor esistente e che porta il suo nome, affinché i giovani fossero in grado di apportare miglioramenti all'agricoltura.

Il governo borbonico in Sicilia negò sempre di usare la tortura nelle carceri e soprattutto di usarla sui prigionieri politici, ma Giovanni Raffaele dal 1850 al 1860, tramite delle corrispondenze alla stampa inglese, ne denunziò l’utilizzo sistematico anche mediante la raffinata costruzione di appositi strumenti come la cuffia del silenzio, la muffola, lo strumento angelico. Le sue corrispondenze, riportate in questo volume sono anche uno spaccato dell’obbrobriosa giustizia borbonica e trattano nello specifico anche dei processi farsa, con relativa fucilazione, del barone Francesco Bentivegna di Corleone e del patriota Salvatore Spinuzza di Cefalù, oltre alle torture applicate su i patrioti della provincia di Palermo: Giuseppe Maggio, Giuseppe Lo Re, Salvatore Bevilacqua, Vincenzo Sapienza, Santi Cefalù e sua figlia, Salvatore Maranto e Antonio Spinuzza, tutti eroi finiti nell’ingiustificato dimenticatoio della collettività.

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Pippo Lo Cascio: 

L'ombra del re Sole in Sicilia.

La guerra civile di Messina 1674-1678

L’ultimo impegno dello studioso Pippo Lo Cascio, vero topo d’archivio, è la scoperta e la trascrizione del manoscritto di Don Francesco Lo Cascio dove sono annotati gli accadimenti di Messina nei primi anni della seconda metà del Seicento. Nel manoscritto Historia delle guerre civili di Messina dell’anno 1672 sino al 1678 descritte da Don Francesco Lo Cascio, Palermitano, cappellano del monastero detto di Saladino, il racconto abbraccia i tempi dell’evento per fondersi nello scenario di una città che non tollera il giogo spagnolo e non perimetra la sua esistenza a servire e blandire un padrone, in quanto consapevole della ricchezza dei suoi commerci, della sua capacità di relazionarsi con i paesi del Mediterraneo.